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Settimo ciclo

Anno liturgico B (2020-2021)

Tempo Ordinario

XV Domenica

(11 luglio 2021)

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Am 7,12-15;  Sal 84;  Ef 1,3-14;  Mc 6,7-13

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L’antica colletta: “Donaci, o Padre, di non avere nulla di più caro del tuo Figlio, che rivela al mondo il mistero del tuo amore e la vera dignità dell’uomo; colmaci del tuo Spirito, perché lo annunziamo ai fratelli con la fede e con le opere”, mostra la radice da dove l’annuncio apostolico prende linfa e vigore. Chi annuncia, mandato dal Signore, ha già sperimentato quel ‘non avere nulla di più caro del Figlio’, lo stesso che invia e l’unico che può colmare i cuori nei loro aneliti e nelle loro angosce.

Il canto al vangelo: “il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati” (cfr. Ef 1,17-18), mostra come l’annuncio apostolico alimenti la speranza iscritta nei cuori, sebbene spesso sepolta e perduta.

Matteo e Luca, per sottolineare l’urgenza e la radicalità dell’invio, negano all’apostolo perfino il bastone e i sandali. Mi sembra che a quella urgenza e radicalità si possano collegare le parole di Paolo agli Efesini quando ricorda loro che tutte le cose devono essere ricondotte a Cristo (Ef 1,10). Usa un’immagine particolare, quella del ‘capitolo’, come era chiamata l’asta attorno a cui veniva avvolto il rotolo di pergamena che costituiva il volume. La missione degli apostoli tende appunto a ri-capitolare tutto in Cristo. All’urgenza della missione si può anche ricollegare il racconto della vocazione del profeta Amos. Caratteristica la successione dei verbi nel resoconto autobiografico del profeta: mi prese, mi chiamò, vai! Prima viene coinvolto nell’alleanza con Dio, poi gli è mostrata come sarà chiamato a vivere quella alleanza, infine gli viene ingiunto di eseguire il compito affidatogli.

Per Marco, invece, nella tenuta dell’apostolo (bastone, sandali, una veste sola), si può ravvisare l’allusione alla tenuta da viaggio del popolo all’uscita dall’Egitto, raccontata in Es 12,11. Gli apostoli guidano il nuovo esodo con l’annuncio del Regno di Dio che in Gesù si manifesta. Ogni annuncio nella Chiesa ha così un sapore pasquale: comporta l’esodo dall’Egitto e l’accoglienza del regno di Dio, dentro l’esperienza della manifestazione della potenza di salvezza di Dio.

Il gesto dello scuotere la polvere dai piedi, quando non dovessero accogliere l’annuncio, – gesto comune al pio israelita quando saliva in pellegrinaggio a Gerusalemme proveniente da territori pagani non volendo contaminare il sacro suolo d’Israele -, assume anche questo significato: la pace che non avete raccolto voi, non ha lasciato noi; avete la possibilità di rifiutarla, ma non avete il potere di fermarla perché sarà rivolta ad altri; e se resta a noi, se è condivisa da altri, è perché prima o poi la possiate desiderare anche voi; non temete, sarà sempre vostra eredità. La forza dell’annuncio evangelico sta in questo potere della pace di Dio che raggiunge tutti. La responsabilità dei discepoli sta appunto nel far vedere la loro vita confermata da quella pace perché possa apparire davvero desiderabile.

Marco, quando aveva riportato la scelta degli apostoli da parte di Gesù, aveva annotato: “Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni” (Mc 3,14). Gesù, mandando in missione gli apostoli, non fa che estendere a tutti quello che lui ha fatto con loro. Gli apostoli annunciano il regno di Dio che è vicino cacciando i demoni e predispongono le persone a stare con Gesù. Quale sarà il segno che li contraddistinguerà? Marco è l’unico a riportare che gli apostoli sono inviati due a due, come sigillo di fraternità per la pace ottenuta con la rivelazione del Signore Gesù salvatore. Quella pace ha un volto misterioso, invisibile, che riluce, ma nel nostro cuore, ed è il volto del Signore Gesù. Ma ha anche un volto visibile, costatabile, amabile, che è quello della fraternità condivisa. Che cosa possono insegnare gli apostoli agli uomini se semplicemente ripetono le parole del Signore? Le ripeteranno, sì, ma con potenza, con la potenza di coloro che possono mostrare come siano diventate efficaci per il loro cuore. E l’efficacia appare dalla fraternità condivisa. Ecco perché sono mandati ad annunciare la Buona Novella non da soli, ma a due a due.

È la stessa rivelazione del Padre Nostro, allorquando la fraternità vissuta (‘venga il tuo regno’, venga cioè lo Spirito del Signore a renderci un corpo solo e un’anima sola, così come preghiamo anche nel canone eucaristico) rivela a tutti il volto di Dio come Padre, rivela il suo amore per gli uomini. E come ottenere questo senza la preghiera: “Donaci, o Padre, di non avere nulla di più caro del tuo Figlio”, lui che ha rivelato in tutto il suo splendore l’amore di Dio per gli uomini e la grandezza della vocazione dell’uomo? Credo sia assai significativo che la chiesa vincoli l’intelligenza della verità al fatto di percepirla capace di interferire con le radici del nostro cuore (‘donaci di non avere nulla di più caro’), dentro cioè la possibilità di un’esperienza che renda la verità amabile e rigenerante.

Nel salmo responsoriale si canta: “Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. L’amore di misericordia di Dio per l’uomo tocca chi è disposto a non vivere nell’illusione, a vedere il suo peccato, a riconoscersi debitore di verità presso Dio, così che la santità di Dio, lo splendore del suo amore per noi, si risolva in desiderio di pace con tutti, in solidarietà con l’umanità di tutti. Siamo chiamati proprio a essere annunciatori di quella pace che guarisce e ristora, da viverla come il tesoro più prezioso del cuore e la rivelazione della bellezza del volto di Dio, in Gesù. Per questo il salmo, dopo avere supplicato: “Mostraci, Signore, la tua misericordia”, aggiunge: “Ascolterò che cosa dirà in me il Signore Dio” (antica versione greca e latina), vale a dire: nella misericordia posso ascoltare la parola d’amore che spingerà il mio cuore a vivere nella misericordia perché l’amore sia condiviso.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Am 7, 12-15

Dal libro del profeta Amos

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno».

Amos rispose ad Amasìa e disse:

«Non ero profeta né figlio di profeta;

ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.

Il Signore mi prese,

mi chiamò mentre seguivo il gregge.

Il Signore mi disse:

Va’, profetizza al mio popolo Israele».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 84

Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:

egli annuncia la pace

per il suo popolo, per i suoi fedeli.

Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,

perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,

giustizia e pace si baceranno.

Verità germoglierà dalla terra

e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene

e la nostra terra darà il suo frutto;

giustizia camminerà davanti a lui:

i suoi passi tracceranno il cammino.

Seconda Lettura  Ef 1, 3-14

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

[Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,

che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo

per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,

predestinandoci a essere per lui figli adottivi

mediante Gesù Cristo,

secondo il disegno d’amore della sua volontà,

a lode dello splendore della sua grazia,

di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

In lui, mediante il suo sangue,

abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,

secondo la ricchezza della sua grazia.

Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi

con ogni sapienza e intelligenza,

facendoci conoscere il mistero della sua volontà,

secondo la benevolenza che in lui si era proposto

per il governo della pienezza dei tempi:

ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,

quelle nei cieli e quelle sulla terra.]

In lui siamo stati fatti anche eredi,

predestinati – secondo il progetto di colui

che tutto opera secondo la sua volontà –

a essere lode della sua gloria,

noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

In lui anche voi,

dopo avere ascoltato la parola della verità,

il Vangelo della vostra salvezza,

e avere in esso creduto,

avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso,

il quale è caparra della nostra eredità,

in attesa della completa redenzione

di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Vangelo  Mc 6, 7-13

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.

E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».

Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.