Settimo ciclo
Anno liturgico B (2020-2021)
Solennità e feste
Battesimo del Signore
(10 gennaio 2021)
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Is 55,1-11; Is 12,2-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
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Gesù viene al Giordano per farsi battezzare. È il suo primo atto pubblico, quello di mettersi in fila con i peccatori, solidale con loro. Marco vede realizzate le profezie e l’attesa messianica di Israele ricordando la dichiarazione di Mosè in Dt 18,15: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto”. Viene a farsi battezzare, lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo. Forse non è inutile notare che il Giordano è il fiume della terra che scorre più in basso, raggiungendo circa i 500 m sotto il livello del mare. Anche questo dettaglio serve a presentare la salvezza operata da Dio secondo la cifra dell’abbassamento, della debolezza, della stoltezza, che Paolo chiamerà più forte e più sapiente degli uomini, e che Giovanni chiamerà gloria ed elevazione.
Nell’immagine dell’Innocente, solidale con i peccatori, Gesù è descritto nel suo compito messianico e nella sua gloria specifica, quella che l’apostolo Giovanni racconta contemplata “come del Figlio unigenito, che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
Il racconto di Marco è densissimo di allusioni. Se i profeti (cf. Ml 3,22) motivavano l’invito a emendarsi mirando al passato, richiamando cioè Mosè e la Legge, con il Battista oramai si guarda al futuro, alla venuta di colui che battezzerà in Spirito Santo. L’azione dello Spirito è di far sì che l’uomo appartenga a Dio (cf. Ez 36,28; Is 44,5) e denominarlo Santo, oltre che alludere alla natura divina, significa sottolinearne l’azione specifica: introdurre l’uomo nella sfera divina, consacrarlo nella fedeltà a Dio. Con il suo battesimo, a differenza di tutti coloro che ricevono il battesimo di Giovanni, Gesù non confessa la sua complicità con il male, ma manifesta la disposizione di offerta totale di sé: si impegna a compiere la sua missione a favore degli uomini disposto a non risparmiare nemmeno la sua vita. Si tratta di compiere l’esodo definitivo per il nuovo popolo dell’alleanza. Non per nulla, la prima azione che lo Spirito fa compiere a Gesù è di ritirarsi nel deserto per essere tentato. Vale a dire: la sua opera messianica si compirà stando totalmente dalla parte di Dio senza mescolarvi alcuna forma di gloria umana, perché solo così si manifesterà in tutto il suo splendore l’amore di Dio per gli uomini.
Marco è l’unico a usare il verbo ‘squarciare’ a proposito dei cieli che si aprono. Lo stesso verbo ricorre alla fine del vangelo quando, dopo che Gesù è spirato, “il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo” (Mc 15,38). L’annotazione è ulteriormente convalidata dall’intervento di un pagano, il centurione, che vedendo Gesù spirare in quel modo dichiara: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 15,39). Non c’è più separazione tra il cielo e la terra e di conseguenza non c’è più separazione tra Israele e le nazioni, perché unica è la famiglia di Dio. Non c’è più chiusura tra cielo e terra, tra Dio e uomo e lo Spirito scende su Gesù come nel suo luogo desiderato. Come a dire: colui che si consegna per amore degli uomini è il luogo naturale dello Spirito di Dio. Con l’allusione, nell’immagine della colomba, allo Spirito Creatore di Gn 1,2, il quale in Gesù porta a compimento la creazione dell’uomo, portandola alla pienezza umana, ricolma di Spirito. Se con l’ultimo profeta, Malachia, la tradizione ha visto ritirarsi lo Spirito nel santuario celeste perché nessun nuovo profeta era sorto da allora, ora, con la discesa dello Spirito su Gesù, il santuario celeste è lui. Nell’Antico Testamento, lo Spirito Santo è indicato come lo Spirito del santuario, dal momento che è il Tempio, al suo centro, nel Santo dei Santi, a contenere la Shekhinah, la Presenza, l’Inabitazione. Ora la Shekhinah, la Presenza, è in quel profeta di Nazaret, che la voce proclama: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
In quel ‘Figlio mio, l’amato’ risuona l’eco dell’esperienza di Abramo al quale viene chiesto di sacrificare Isacco, il figlio unico, che amava (cf. Gen 22,2). O ancora, l’eco della parabola dei vignaioli assassini, in Mc 12,6, quando il padrone della vigna pensa al suo figlio prediletto da mandare ai vignaioli che non vogliono consegnare il raccolto e che poi lo mettono a morte. Se quell’aggettivo ‘prediletto’ rivela la radicalità della fede di Abramo, che davanti al suo Dio accetta di sacrificare il suo cuore, a maggior ragione rivela la radicalità dell’amore di Dio per l’umanità essendo disposto a mandare il suo Figlio a coloro che ne faranno scempio. L’aggiunta “in te ho posto il mio compiacimento” rivela tutta la profondità del mistero. ‘In te’, non è più solo rivolto al Figlio nella sua divinità, ma al Figlio, Dio fatto uomo. In quel Figlio, Dio-uomo, l’Amore del Padre è perfetto perché in lui si può contemplare tutta l’estensione e la profondità di quell’Amore che realizza compiutamente il suo sogno sulla creazione e sull’umanità.
Chiamare Gesù ‘il Figlio mio’ non esprime solo la qualità di essere di Gesù per cui Dio, oramai, è il Padre di Gesù, ma anche la sottolineatura che il Figlio agisce e si comporta come Dio, il Padre. La dedizione di Gesù in favore degli uomini, per cui il battesimo è simbolo della morte volontariamente accettata, come riporta il canto al vangelo: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”, è la rivelazione dell’amore di Dio per l’umanità. Il Padre rivela che il suo atteggiamento verso gli uomini è lo stesso manifestato da Gesù. In Gesù possiamo vedere chi è Dio. Tutto il vangelo sarà lì a mostrarlo, nelle parole come nelle azioni di Gesù. Non solo. Ma l’aspetto di consolazione del cuore è dato dal fatto che l’umanità è considerata oramai in quello sguardo di compiacenza del Padre. Non c’è motivo alcuno di vedere Dio avversario come non c’è motivo di considerare alcuno avversario o nemico. Tutto il cammino spirituale dell’uomo non è che teso a entrare a godere tutta la gioia di quella compiacenza condividendo con Gesù la fioritura in umanità come luogo di gloria della divinità.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Is 55, 1-11
Dal libro del profeta Isaia
Così dice il Signore:
«O voi tutti assetati, venite all’acqua,
voi che non avete denaro, venite;
comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro,
senza pagare, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti.
Porgete l’orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete.
Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,
i favori assicurati a Davide.
Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni.
Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano
a causa del Signore, tuo Dio,
del Santo d’Israele, che ti onora.
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie.
Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Salmo Responsoriale Is 12,2-6
Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.
Seconda Lettura 1 Gv 5, 1-9
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio.
Vangelo Mc 1, 7-11
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».