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Settimo ciclo

Anno liturgico B (2020-2021)

Tempo di Avvento

II Domenica

(6 dicembre 2020)

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Is 40,1-5.9-11;  Sal 84;  2Pt 3,8-14;  Mc 1,1-8

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La liturgia di oggi fa trasparire una corrispondenza segreta tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Il profeta Isaia riporta il comando di Dio di annunciare la liberazione del popolo in schiavitù a Babilonia, annuncio che genererà gioia e consolazione. Il vangelo di Marco riprende lo stesso annuncio con la proclamazione della buona novella. Non si tratta però di una notizia. Si tratta del movimento di irradiazione di una Presenza, una Presenza liberatrice. In cosa consista quella liberazione, che procura gioia e consolazione, lo dice il profeta Isaia: è finita la tribolazione, termine che ha una valenza di tipo militare: è finito il duro servizio di corvée imposto dal dominatore di turno. Quando Gesù inviterà a venire a lui, fonte di gioia e consolazione per i cuori, si riferirà agli uomini ‘stanchi e oppressi’ (soggetti a corvée dal demonio che li tiene sotto il suo giogo) e chiederà di prendere il suo di giogo, che è dolce e leggero (cfr. Mt 11,28-30). La buona novella, con cui si apre il vangelo di Marco, porterà consolazione al mondo quando riceverà la corsa degli apostoli, mandati da Gesù, non tanto a far conoscere che cosa è successo (il Figlio di Dio, morto e risorto) ma a rendere partecipi, a far esplodere quella liberazione ottenutaci da Gesù, testimone per eccellenza dell’amore di Dio per i suoi figli.

Qui si comprende anche perché il comando di portare consolazione comporti il preparare la strada, perché possa giungere al cuore in tutta la sua potenza. Non è una notizia, ma un coinvolgimento in qualcosa che attende di rivelarsi. Se ci si purifica da tutto ciò che impedisce la liberazione agognata, vuol dire che la liberazione è concepita come uno splendore, come un’irradiazione di luce per una Presenza amica. Del resto, la seconda lettera di Pietro riprende un antico insegnamento rabbinico: l’uomo pio non soltanto anela alla venuta del messia, ma l’affretta. Pietro dice: “mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio … fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia …Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo” (2Pt 3,12.14.18). La venuta del giorno del Signore non è tanto la venuta della fine del mondo, ma la venuta della luce della risurrezione, cioè dell’assunzione nella luce della risurrezione per il Cristo che opera nel nostro cuore la partecipazione al suo regno. La buona novella ha a che fare con tale reale possibilità di partecipazione alla vita di Dio.

Il fatto che l’uomo si dibatta nella fatica dell’attesa, nella incapacità ancora di accedere alla luce della risurrezione, che farebbe sentire il giogo di Gesù dolce e leggero, che darebbe quel ristoro che i cuori cercano, rende il cammino della vita tortuoso e accidentato, insidiando la fermezza della fede e il desiderio di conoscenza del Signore Gesù. Per questo il profeta, e il vangelo lo riprende, esorta a rendere le vie tortuose diritte e le vie accidentate piane. La difficoltà di fondo per il nostro cuore sta nell’illusione di potenza con cui attendiamo la manifestazione del Signore e della sua salvezza. È vero, il profeta descrive il Signore che viene con potenza, che il suo braccio esercita il dominio. Ma a cosa allude questa descrizione? La potenza di Dio non è potenza di imperio, ma di servizio, perché ridà dignità e libertà al cuore dell’uomo. Ma come il cuore può accedere alla sua dignità e alla libertà che gli è propria? L’annuncio della Buona Novella ce lo mostrerà chiaramente: la potenza di Dio è la potenza di un amore che patisce sconfitta, croce e morte, pur di farne splendere la potenza.

Che quella potenza non sia proprietà dell’uomo, ma solo frutto che viene dall’alto lo dichiara lo stesso inizio del vangelo di Marco. L’antico Testamento, nel canone cristiano delle Scritture, finisce con il profeta Malachia. E il profeta Malachia finisce con questo annuncio: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio” (Mal 3,23-24). Il vangelo di Marco si presenta con la realizzazione di questa promessa: la profezia riguardava un uomo, Giovanni Battista, che si è presentato e che ha predicato la conversione al Signore. La conversione, come preparazione ad accogliere l’opera di Dio, la salvezza, in un altro uomo, il Figlio di Dio, che realizzerà appunto il regno di Dio. Se l’uomo si domanda che vantaggio ci sia a servire il Signore quando tutto resta sempre come prima e che il giusto non ha un trattamento di favore rispetto al malvagio, almeno materialmente, allora Dio risponde: se conoscerete l’amore mio, comprenderete. Gesù risponde a quella perplessità, se non proprio a quella rivendicazione.

Noi contempleremo il nostro Dio farsi bambino, povero e indifeso; lo vedremo condannato alla morte di croce, come esautorato di tutta la sua potenza. Dov’è allora la ‘gloria del suo nome’ per cui la colletta ci fa pregare: “O Dio, Padre di ogni consolazione … parla oggi al cuore del tuo popolo, perché in purezza di fede e santità di vita possa camminare verso il giorno in cui manifesterai pienamente la gloria del tuo nome”?

Ci orienta il salmo 84 che canta l’incontro del desiderio di Dio con il desiderio dell’uomo: “amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. Tutto ciò che Dio ha voluto per l’uomo, nel suo amore di sempre per i suoi figli, l’uomo lo potrà ormai godere stabilmente perché “colei [Elisabetta] che portava il giusto, Giovanni Battista, ha baciato colei [Maria] che portava la pace, Gesù”. E la visione messianica del salmo si può interpretare come la manifestazione della gloria del nome di Dio al cuore dell’uomo che il Battista rivela essere il compito specifico del Messia. Come a dire: se l’uomo riconosce in verità il suo peccato, troverà la misericordia di Dio. Il riconoscimento del peccato porta all’esperienza della bontà di Dio. E se l’esperienza è autentica, allora, la riconciliazione ottenuta non potrà che essere condivisa con tutti, non potrà che diventare l’unica giustizia degna del cuore dell’uomo. Da un cuore riconciliato e fonte di riconciliazione risplenderà la grazia del Salvatore, che lì ha preso dimora. L’azione di Dio che si compie in me, non è destinata a me, ma al mondo; l’azione di Dio che si compie nel mondo, non è destinata al mondo in generale, ma a me. Perché, tutti insieme, possiamo vedere lo splendore dell’amore del Signore. E non esiste altra possibilità concreta per l’uomo di vedere risplendere l’amore del Signore se non nella tensione che quell’amore sia condiviso da tutti e da ciascuno.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Is 40, 1-5.9-11

Dal libro del profeta Isaia

«Consolate, consolate il mio popolo

– dice il vostro Dio –.

Parlate al cuore di Gerusalemme

e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,

la sua colpa è scontata,

perché ha ricevuto dalla mano del Signore

il doppio per tutti i suoi peccati».

Una voce grida:

«Nel deserto preparate la via al Signore,

spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.

Ogni valle sia innalzata,

ogni monte e ogni colle siano abbassati;

il terreno accidentato si trasformi in piano

e quello scosceso in vallata.

Allora si rivelerà la gloria del Signore

e tutti gli uomini insieme la vedranno,

perché la bocca del Signore ha parlato».

Sali su un alto monte,

tu che annunci liete notizie a Sion!

Alza la tua voce con forza,

tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.

Alza la voce, non temere;

annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!

Ecco, il Signore Dio viene con potenza,

il suo braccio esercita il dominio.

Ecco, egli ha con sé il premio

e la sua ricompensa lo precede.

Come un pastore egli fa pascolare il gregge

e con il suo braccio lo raduna;

porta gli agnellini sul petto

e conduce dolcemente le pecore madri».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 84

Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:

egli annuncia la pace

per il suo popolo, per i suoi fedeli.

Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,

perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,

giustizia e pace si baceranno.

Verità germoglierà dalla terra

e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene

e la nostra terra darà il suo frutto;

giustizia camminerà davanti a lui:

i suoi passi tracceranno il cammino.

Seconda Lettura  2 Pt 3, 8-14

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo

Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.

Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta.

Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.

Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.

Vangelo  Mc 1, 1-8

Dal vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

Come sta scritto nel profeta Isaìa:

«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri»,

vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».