Settimo ciclo
Anno liturgico A (2019-2020)
Tempo di Pasqua
III Domenica
(26 aprile 2020)
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At 2,14a.22-33; Sal 15; 1Pt 1,17-21; Lc 24,13-35
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Nella lettera di Pietro Gesù, crocifisso e risorto, è colto a partire dal mistero della Trinità: “Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo” (1Pt 1,20). È possibile per noi tenere uno sguardo così acuto e coinvolgente? È lo sguardo mancato ai due discepoli di Emmaus, i quali si rassegnano alla loro tristezza. Avevano iniziato un’avventura entusiasmante e ora si dichiarano delusi nelle loro aspettative. Se ne tornano a casa, col volto triste. “Speravamo” dicono al misterioso pellegrino riferendo dei fatti di cui sono stati testimoni.
Però, due cose possono essere dette a loro favore. Non hanno ancora voltato pagina. I loro pensieri, pur nella tristezza, sono ancora occupati da Lui. Non sono arrabbiati; solo intristiti. La lingua batte dove il dente duole, dice il proverbio. Ecco, il loro cuore non si è ancora staccato dalle vicende che li hanno interessati. Seconda cosa. Sono disposti ad ascoltare, a fare amicizia. Sono tristi, ma toccabili. E sarà proprio quella disponibilità ad ascoltare, a fare amicizia, che permetterà loro di riconoscere il loro Signore nel gesto che più di tutti gli appartiene: spezzare il pane e donarlo, simbolo della sua persona donata, della sua vita donata.
Luca intende presentare, nella vicenda dei due discepoli, la situazione delle comunità cristiane invitate alla mensa della parola e del corpo del Signore Gesù. Il luogo di riconoscimento del Signore è proprio la celebrazione eucaristica in cui risuona la parola che scalda il cuore e la comunione con il suo corpo dato per noi, in modo da imprimere alla vita dei credenti lo stesso movimento di invio al mondo del Figlio dell’uomo perché il mondo creda e abbia la vita. Perché per tutti suonino assolutamente condivisibili le espressioni del salmista: “il mio Signore sei tu: il mio bene non è che in te”. Come a dire: se non ho te, nessun bene mi soddisfa; se ho te, qualsiasi cosa si tramuta in bene per me.
I due discepoli conoscevano le Scritture, ma restavano loro chiuse. La loro vicenda potrebbe essere riassunta in questo modo: proprio a partire dalla loro fede nel Dio di Israele erano stati affascinati dalla figura di Gesù e avevano creduto in lui; l’avevano seguito, ma forse in funzione delle loro attese secondo la storia di Israele, perché avevano, sì, sentito Gesù predire la sua passione, ma a passione avvenuta non si raccapezzavano più e cedettero alla delusione. S. Agostino spiega: “Nel tempo trascorso con loro prima della passione, infatti, egli aveva predetto ogni cosa: che avrebbe patito, che sarebbe morto, che il terzo giorno sarebbe risorto. Aveva predetto tutto, ma la sua morte fu per loro come una perdita di memoria. Quando lo videro sospeso al patibolo furono così turbati che dimenticarono i suoi insegnamenti, non attesero più la sua risurrezione, non rimasero saldi nelle promesse”. I due discepoli non avevano però rinunciato alla loro storia con Gesù e quando il viandante che si accompagna loro ritorna alle Scritture, che loro stessi conoscevano, pur senza essere capaci di aprirle, il loro cuore torna a ardere, sommessamente; quando vogliono con loro quel pellegrino e lo invitano a cena e Gesù si fa riconoscere, la loro storia si riaccende, tutto si collega e prende vita; devono tornare a Gerusalemme dai compagni che a loro volta hanno fatto la stessa esperienza e nella gioia che tutti insieme provano vivranno ormai la loro storia aperta sul mondo, che ha diritto anch’esso a quella letizia.
‘Aprire’ e ‘ardere’ sono le due facce della stessa medaglia. Singolari i due passi scritturistici con cui i Padri illustrano il movimento del cuore: l’episodio di 2Re 6,17, quando il profeta Eliseo prega che si aprano gli occhi del servo in modo che possa vedere i carri e i cavalli di fuoco mandati a difesa del profeta e il passo di Lc 12,49 con la dichiarazione di Gesù che lui è venuto a gettare il fuoco sulla terra. E s. Ambrogio commenta: “Ali di fuoco sono, dunque, le fiamme della Scrittura divina”. E Origene: “… ascoltando le parole divine, si infiammino di fede, brucino di carità, si consumino di misericordia”.
Il salmo responsoriale, il salmo 15/16, racconta proprio la letizia della scoperta della presenza del Signore che si accompagna a noi. Siccome però il dono di Dio risponde direttamente al desiderio dell’uomo, al cuore dell’uomo sembra che le attese che lo muovono corrispondano al dono di Dio. Il dramma della vita e la vicenda dei discepoli, come dello stesso Signore Gesù, parlano invece diversamente. Ci attende un lungo cammino perché le nostre attese si convertano al dono di Dio, ma quando questo avviene scatta quella letizia che tutto riempie.
Come per i discepoli di Emmaus, una volta che gli occhi si sono schiusi e la fede si è fatta ‘visione’ per la parola e per il corpo del Signore Gesù, il cuore mette fretta ai piedi in due direzioni: una, verso la chiesa, nel senso di vedere confermata e condivisa la propria visione; l’altra, verso il mondo, perché nessuno possa restare privo di questa visione, tanto racconta la verità di Dio e la verità del cuore dell’uomo. In questa comunione condivisa, testimoniata, cercata, donata, accolta, il cuore può riposarsi perché gode lo stesso riposo di Dio: si faccia una sola famiglia, nel regno di Dio. Ma il riposo che si godrà è assai diverso da quello che ci si immagina … sicuri però che comunque sarà il vero riposo.
E non per nulla il corpo glorioso di Gesù reca i segni della sua passione d’amore, che soltanto in questo mondo poteva ricevere. Ciò significa che tutto può essere riscattato e attraversato dallo splendore di Dio e il luogo da cui questo si esprime è proprio il nostro cuore, che alimenta il suo ardore lasciando bruciare le sue delusioni.
Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura At 2, 14a. 22-33
Dagli Atti degli Apostoli
[ Nel giorno di Pentecoste, ] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così:
«Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso.
Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”.
Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”.
Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 15
Mostraci, Signore, il sentiero della vita.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Seconda Lettura 1 Pt 1, 17-21
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo
Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri.
Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.
Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.
Vangelo Lc 24, 13-35
Dal vangelo secondo Luca
Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.