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Sesto ciclo

Anno liturgico C (2018-2019)

Tempo Ordinario

XVI Domenica

(21 luglio 2019)

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Gn 18, 1-10;  Sal 14;  Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42

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Che cosa rende bella la sollecitudine di Abramo? E che cosa rende bella l’ospitalità delle due sorelle Marta e Maria? Lo capiamo dalla preghiera sulle offerte: “…e ciò che ognuno di noi presenta in tuo onore giovi alla salvezza di tutti”. Il che significa: ciò che è gradito a Dio è solo ciò che porta alla salvezza di tutti. Il che equivale a dire: quando sono rapito nell’ascolto, incontro il Dio che vuole la salvezza di tutti, non solo mia; quando sono indaffarato nel servizio, incontro il Dio che si fa accondiscendente a tutti, perché da tutti Lui sia conosciuto e benedetto. Marta e Maria costituiscono così i due atteggiamenti necessari della stessa sollecitudine per la conoscenza del Signore, supremo Bene del cuore dell’uomo.

È lo stesso mistero dell’ospitalità di Abramo come lo troviamo descritto nelle antiche leggende ebraiche. Abramo è visitato da Dio il terzo giorno dopo la sua circoncisione, quando è ancora sofferente. Il caldo era insopportabile perché nessun viandante passasse a disturbare Abramo. Ma la cosa aveva reso Abramo triste perché se non capitava nessuno non avrebbe potuto esercitare alcuna ospitalità. Dio stesso decide allora di fargli visita e non vuole che nemmeno si alzi per venirgli incontro perché era sofferente, dicendogli, anzi, che i suoi discendenti, già all’età di quattro o cinque anni, staranno seduti nelle scuole e nelle sinagoghe dove Lui dimorerà. Ma quando arrivano gli angeli in veste di uomini, Abramo supplica il Signore di permettergli di andare loro incontro per offrire ospitalità, preferendola alla compagnia stessa della Sua Presenza. Tutti particolari che rivelano l’estrema accondiscendenza di Dio, percepita come la benedizione perenne sul popolo.

Il particolare poi della quantità di farina usata da Sara per preparare da mangiare ai tre uomini è ricco di mistero. Il testo parla di tre sea di farina (una misura antica di capacità che corrisponderebbe a circa 15 litri). Si tratterebbe di quasi mezzo quintale di farina, una misura sproporzionata per tre persone. Con quella quantità si sarebbe sfamato un centinaio di persone! Così i Padri hanno collegato Sara all’altra donna del vangelo, nella parabola di Gesù sulla somiglianza del regno dei cieli all’agire di una donna che pone il lievito in un impasto di tre sea di farina (cfr. Lc 13,21; Mt 13,33). La fede di Abramo ha fatto regnare Dio in questo mondo; l’annuncio del vangelo trasfigura il mondo intero.

È in questa prospettiva che va letto l’episodio dell’ospitalità di Gesù in casa di Marta. Se Abramo corre per onorare i suoi ospiti; Marta, presa dalla stessa sollecitudine, è tutta indaffarata nei molti servizi per un’ospitalità degna dell’illustre Ospite, mentre Maria, con lo stesso atteggiamento di sollecitudine, anche se in modalità differente dalla sorella, è tutta presa dall’Ospite dal quale non stacca occhi e orecchi. S. Agostino annota di Maria: ‘mangiava Gesù ascoltandolo’!

Ora, Gesù elogia forse Maria per rimproverare Marta? Leggiamo: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore [nella lingua di Gesù non si usano i comparativi, quindi il testo dice semplicemente: la parte buona], che non le sarà tolta” (Lc 10,42). Il tono che usa Gesù raggiunge sicuramente il cuore di Marta illuminandolo. Il fulcro dell’episodio sta appunto in quel non le sarà tolta. L’allusione è al desiderio profondo del cuore dell’uomo che è fatto per Dio. L’elogio di Gesù si riferisce ad un tempo in cui sarà Lui stesso a servire i suoi discepoli (cfr. Lc 12,37). Ciò che non verrà mai meno e di cui si potrà godere in assoluto, quello è la parte buona, l’unica cosa necessaria, quello di cui c’è bisogno. In primo piano c’è Dio che viene incontro all’uomo, Dio che ristora l’uomo. La figura di Abramo, nella tradizione ebraica, allude alla medesima verità. Abramo si era lamentato con Dio perché, appena circonciso, dolorante, non avrebbe potuto soddisfare il comandamento dell’ospitalità e allora Dio stesso decide di fargli visita. La figura di Maria ai piedi di Gesù apre alla stessa visione. Ma quella visione è percepibile se il cuore avverte la natura del suo ascoltare, tutto teso a godere la verità dell’amore del suo Dio che la nutre e la ristora. Così, la sua figura è figura di ogni discepolo, la figura di ogni lettore/ascoltatore della Parola di Dio. Corrisponde all’invito di Gesù: “cercate invece, anzitutto, il regno di Dio” (Mt 6,33); “cercate piuttosto il suo regno”, Lc 12,31). Quell’anzitutto, per prima cosa, piuttosto corrisponde al “di una cosa sola c’è bisogno”, una cosa sola è necessaria.

Quando Gesù fa l’elogio di Maria, rivela la natura vera del servizio di Marta. In effetti, due sono gli aspetti dell’ospitalità: la sollecitudine nel servizio e l’intimità con l’ospite. Dei due, la parte buona è l’intimità, nel senso che è l’intimità la forza e la finalità della sollecitudine, la quale serve a dare concretezza all’intimità. Tutto converge verso l’intimità. Ma la domanda vera per noi può suonare così: posso godere l’intimità senza esser preso dalla sollecitudine? Nel rapporto tra le due sorelle, che simboleggiano tutta la chiesa considerata unitariamente nelle sue molteplici manifestazioni di doni e carismi, Maria deve ringraziare Marta: può stare con il Signore senza che il Signore sia privato del dovuto onore; e Marta può ringraziare Maria: può onorare il suo Signore senza che il Signore sia lasciato solo.

Se rispetto alle cose di cui abbiamo bisogno per vivere, va cercato prima di tutto il regno di Dio [è vinto così l’affanno del possesso o la paura della privazione], rispetto al servizio la cosa necessaria è la devozione all’Ospite che si vuole onorare [è vinta la paura di perdersi nell’affanno]. Marta comprende così la ragione del suo muoversi, tanto che S. Efrem dice che l’amore di Marta era più fervente di quello di Maria. Se stiamo alle parole della colletta: “Padre sapiente e misericordioso, donaci un cuore umile e mite, per ascoltare la parola del tuo Figlio che risuona ancora nella Chiesa, radunata nel suo nome, e per accoglierlo e servirlo come ospite nella persona dei nostri fratelli”, possiamo interpretare: avere un cuore umile e mite significa poter partecipare all’umanità di quel Figlio nella sua intimità con il Padre e poter esprimere nel proprio agire tutta l’accondiscendenza di Dio per l’uomo, radice della nostra sollecitudine per i fratelli.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Gn 18, 1-10

Dal libro della Gènesi.

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.

Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».

Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.

Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 14

Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,

pratica la giustizia

e dice la verità che ha nel cuore,

non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo

e non lancia insulti al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,

ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura

e non accetta doni contro l’innocente.

Colui che agisce in questo modo

resterà saldo per sempre.

Seconda Lettura  Col 1, 24-28

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.

Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.

A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Vangelo  Lc 10, 38-42

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.

Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.

Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».