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Sesto ciclo

Anno liturgico B (2017-2018)

Tempo Ordinario

XVII Domenica

(29 luglio 2018)

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2 Re4,42-44;  Sal 144;  Ef 4,1-6;  Gv 6,1-15

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Per cinque domeniche successive la liturgia proclamerà il cap. 6 del vangelo di Giovanni che, partendo dal miracolo della moltiplicazione dei pani per sfamare una folla numerosa, ne svela il contenuto simbolico e lo commenta con un lungo discorso di Gesù. Oggi viene proclamato il racconto del miracolo.

La rivelazione di Gesù che l’evangelista vuole presentare è ottenuta sovrapponendo il racconto del miracolo con la trama della storia di Israele e la celebrazione liturgica dell’eucaristia della chiesa. La moltiplicazione dei pani per sfamare la gente (cfr. 2Re 4,42-44) è un gesto messianico e la folla sente giusto, anche se poi interpreterà male. Molti particolari, soprattutto nel testo di Mc 6,30-44, proiettano una luce speciale. Siamo nel deserto, prossimi alla festa della Pasqua, in un luogo con tanta erba, in occasione di un pasto, con una disposizione particolare dei partecipanti (a gruppi di cento e cinquanta). Sono tutte allusioni all’organizzazione del popolo nel deserto secondo i racconti del Pentateuco, specialmente in occasione della conclusione dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo. È lui, Gesù, come ribadirà nel suo discorso, il vero Pane disceso dal cielo che nutre e dà la vita, che ristora e dà riposo, nel quale celebrare la definitiva Alleanza tra Dio e il suo popolo. Gli accenni al raccogliere gli avanzi valgono a sottolineare la sovrabbondanza di grazia di questa alleanza, data a tutti, oltre la quale non c’è nulla di significativo che possa colmare i desideri degli uomini. I verbi usati per descrivere il miracolo (prese, benedisse, spezzò e diede) sono i verbi caratteristici della celebrazione eucaristica.

Nel racconto di Giovanni alcuni dettagli sono tipici della sua ‘comprensione’ del mistero di Gesù che vuole condividere ai lettori. Gesù, dopo essere salito sul monte, ‘alza gli occhi’. Non è un’indicazione di cronaca, cioè alza gli occhi per vedere la gente che l’ha seguito. Solo in un’altra occasione, nel vangelo di Giovanni, si descrive Gesù che alza gli occhi, cioè all’inizio del cap. 17, prima della grande preghiera sacerdotale nell’ultima cena. Quello che sta per compiere o per pronunciare deriva dall’intimità con il Padre di cui ne svela il mistero di misericordia per l’uomo. Tanto più che l’annotazione che era vicina la Pasqua dei Giudei e che i pani offerti da un ragazzo sono pani d’orzo, con l’allusione alla festa degli Azzimi che segnava l’inizio della mietitura dell’orzo, voleva significare: la vera Pasqua sarà quella celebrata da Gesù con la sua immolazione sulla croce, il vero Pane sceso dal cielo è il suo Corpo. La stessa raccomandazione di Gesù di raccogliere i pezzi avanzati, con riferimento al passo del miracolo di Eliseo raccontato nella prima lettura e alla figura di Rut che tiene gli avanzi per portarli a sua suocera (cf. Rut 2,14, che la tradizione rabbinica interpreta in senso messianico: “Ne mangiò per il tempo presente, ne mangiò a sazietà per i giorni del Messia e ne mise da parte gli avanzi per il tempo futuro”) non vogliono sottolineare solo l’abbondanza della grazia, ma anche che il pane che distribuirà Gesù non è come la manna, che era proibito conservare, ma sarà il vero cibo di vita.

Gli interventi dei due apostoli, Filippo e Andrea, sono preziosi. Filippo sarà l’apostolo che domanderà a Gesù: “Mostraci il Padre e ci basta!” (Gv 14,8-9). Filippo è in coppia con Andrea; sono loro che riportano a Gesù la domanda dei proseliti: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21-22). E Andrea è colui che rivolge a Gesù la prima richiesta: “Maestro, dove dimori?” (Gv 1,38). Convince Pietro, suo fratello, a seguire Gesù dicendogli: “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1,41). Nel vangelo di Marco Andrea è appaiato a Pietro, Giacomo e Giovanni, che interrogano Gesù, seduto sul monte degli ulivi di fronte alla città di Gerusalemme, sulla sorte del tempio. Loro sono i primi quattro ‘chiamati’.

Nel nostro racconto Filippo, con la sua risposta, dà l’idea della grandezza del miracolo (la cifra di 200 denari è una cifra alta, se si tiene conto che un denaro era la paga giornaliera di un bracciante), mentre Andrea, con la sua solerzia, scova il ragazzo che dispone dei cinque pani. Il valore di queste annotazioni sta nel fatto di sottolineare la modalità con cui Gesù opera il miracolo: Gesù non crea i pani, li moltiplica solo. Un’altra volta si era trovato alle prese con la fame e si era sentito provocare: “Se tu sei Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane” (Mt 4,3). Ora non è più lui ad avere fame, è la gente, ma la posta in gioco non cambia. La dinamica sotterranea descritta è la seguente: Dio agisce in condivisione profonda con l’umanità degli uomini. Non agisce da prestigiatore o da illusionista, non vuole catturare o soggiogare nessuno: il miracolo è in funzione del suo mistero, capace di parlare al cuore dell’uomo, di suscitare la sua libertà e la sua condivisione, in termini umani. Dio moltiplica quel poco di noi che possiamo presentare, senza sostituirsi a noi, senza comprarci. Un esegeta commentava: se dò tutto quello che ho, il mio prossimo riceverà tutto quello che desidera. E volere che crei in noi la grazia, quando rifiutiamo di affidargli quel poco che siamo, sarebbe come condannarci alla delusione sicura. Nello stesso contesto si situa la collaborazione degli uomini all’opera di Dio. Gesù non ha solo bisogno dei cinque pani e due pesci del ragazzo, ma anche della collaborazione dei discepoli che distribuiscono il cibo moltiplicato, che raccolgono gli avanzi, che collaborano alla gioia di Dio e degli uomini. È il mistero della Chiesa, il segreto della potenza evangelica dell’amore fraterno. Anche questo è un aspetto dell’agire di Dio in condivisione dell’umanità degli uomini.

La difficoltà per noi, come risulterà dall’esito finale del racconto, deriva dal fatto che andiamo a Dio pensando di attirarlo per i nostri scopi (Gesù non accetterà di essere proclamato re se non dalla croce) invece che aprire i nostri cuori al suo segreto.

Da sottolineare ancora un’altra dinamica, presente nel testo, quella che corre tra l’offerta della parola e l’offerta di cibo. Gesù si era sentito commosso davanti a tutta quella gente, aveva cercato di insegnare loro tante cose, aveva rivolto loro una parola vera, di consolazione, di ristoro, di salvezza. Come avrebbe potuto non preoccuparsi della loro fatica, della loro fame? Annunciare così una parola vera a qualcuno significa nello stesso tempo farsi carico dei suoi bisogni, significa condividere quello che si ha e creare spazi di condivisione sempre più allargati. Senza questo risvolto, cadrebbe anche la verità del nostro parlare perché sarà mai possibile annunciare il vangelo a qualcuno, se questo qualcuno non ci diventa caro? E una persona ci può essere cara se non ci facciamo carico dei suoi bisogni? Tutt’altra questione è poi considerare l’esito di questo farsi carico. Gesù sapeva dell’insuccesso a cui andava incontro, ma non si sottrae al miracolo della moltiplicazione dei pani, come non si era sottratto all’annunzio della parola. Quello che fa da fondamento al suo agire, come anche all’agire poi dei suoi discepoli quando sarà loro rivelato il segreto di Dio, ce lo descrive il testo della lettera agli Efesini proclamando l’opera dell’amore di Dio che si esprime nel mistero della fraternità: “un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,6). L’uomo evangelico persegue quell’unico mistero, affigge i suoi sguardi su quell’unico punto, ragione del vivere la sua chiamata alla fede nel Figlio di Dio, dato per noi, per cui “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità”, sostiene (= ha pazienza con) sé e tutti, contemporaneamente, perché quel mistero sia finalmente rivelato ai cuori.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  2 Re 4, 42-44

Dal secondo libro dei Re

In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.

Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».

Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 144

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa

e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.

Tu apri la tua mano

e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,

a quanti lo invocano con sincerità.

Seconda Lettura  Ef 4, 1-16

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

 

Vangelo  Gv 6, 1-15

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.

E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.