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Sesto ciclo

Anno liturgico B (2017-2018)

Tempo Ordinario

IV Domenica

(28 gennaio 2018)

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Dt 18,15-20;  Sal 94;  1Cor 7,32-35;  Mc 1,21-28

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La colletta della liturgia di oggi ci fa chiedere una cosa assolutamente straordinaria. Dopo averci condotto a riconoscere che Gesù è il Maestro che ci introduce nei segreti di Dio e il Liberatore dal male che ci insidia e opprime, fa pregare: “O Dio […] rendici forti […] perché testimoniamo la beatitudine di coloro che a te si affidano”. Dà per avvenuta l’esperienza della gioia invincibile che deriva dalla fede nel Signore Gesù. Possiamo noi pregare in sincerità in questo modo?

La condizione che prelude a questa preghiera riguarda la disposizione del cuore nell’ascoltare la parola, nell’ascoltare colui che parla con autorità, come ha fatto la gente di Cafarnao, che evidentemente conosceva le Scritture e amava ascoltare chi delle Scritture parlava. Vorrei provare a entrare nel segreto dei loro cuori proprio seguendo le Scritture.

Risuonava certamente nei loro orecchi (o almeno così interpreta l’evangelista Marco, estendendo anche ai suoi lettori la stessa possibilità) la promessa di Mosè al popolo prima di entrare nella terra promessa: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto” (Dt 18,15). La promessa è stata recepita così intensamente da vedere in questo futuro profeta il Messia stesso, tanto che nella gente di Israele, al tempo di Gesù, il Messia era atteso anche come ‘il profeta’. Dobbiamo tenere presente che la qualifica ‘pari a me’ si riferisce alle due caratteristiche singolari di Mosè descritte nella Scrittura: Mosè è l’uomo di fiducia, l’uomo con cui Dio parla bocca a bocca, perché Mosè era un uomo assai umile (nelle versioni antiche: mite), più di qualunque altro sulla faccia della terra. È la testimonianza che si trova in Numeri 12,3.8. Tra l’altro, va notato che il termine ‘umile’ ricorre solo qui in tutto il Pentateuco! La possibilità di ascoltare la parola di Dio era vista come la discriminante tra Israele e i popoli pagani, i cananei, i quali seguivano presagi e divinazioni come orientamento nel loro agire.

Ma la cosa più strana è la motivazione che il popolo dà al bisogno di un profeta. Tutto il popolo aveva assistito alla rivelazione del Signore che parlava dal fuoco sull’Oreb e non regge alla paura, tanto da invitare Mosè a fare da mediatore tra loro e il Signore. Il capitolo 5 del libro del Deuteronomio lo esprime chiaramente: “Se continuiamo a udire ancora la voce del Signore, nostro Dio, moriremo. Chi, infatti, tra tutti i mortali ha udito come noi la voce del Dio vivente parlare dal fuoco ed è rimasto vivo? … Accostati tu e ascolta tutto ciò che il Signore, nostro Dio, ti avrà detto: noi lo ascolteremo e lo faremo” (Dt 5,25-26.27). E Dio stesso commenta: “Oh, se avessero sempre un tal cuore, da temermi e osservare tutti i miei comandi ..!” (Dt 5,29). Così, la richiesta di un mediatore procede da un profondo timore del Signore in cuori che vogliono essere fedeli all’alleanza con il proprio Dio.

Nel racconto evangelico Gesù assomma tutte queste reminiscenze, tanto più che quando l’evangelista riporta il brano di oggi già sa che Gesù è stato indicato dal Padre come il Figlio, l’amato, che deve essere ascoltato (vedere il racconto della Trasfigurazione sul Tabor).

Così, la deduzione per noi risulta la seguente: siamo ancora capaci di fremere di timore davanti alla parola di Gesù? Sappiamo ancora cosa comporta l’ascoltare la parola del Signore che parla dal fuoco? Siamo nella disposizione d’animo degli israeliti che, davanti all’avventura dell’alleanza con il loro Dio, dichiarano: noi l’ascolteremo e lo faremo? Perché a questo si riferisce l’esperienza drammatica della ‘novità’ dell’insegnamento di Gesù. Un insegnamento che va al di là di ogni buona dottrina e conduce direttamente all’incontro col proprio Dio. La meraviglia degli astanti risalta proprio dall’osservazione che parola e potenza dicono la salvezza operante di Dio in mezzo a loro. Gesù non solo ‘è pari’ a Mosé nelle due caratteristiche singolari, ma che Mosè è solo un’allusione a Colui che è inviato per mostrare la potenza di salvezza di Dio per il suo popolo. Gesù è l’unico mediatore di salvezza perché nessun spirito impuro ha presa su di lui e perciò può liberare tutti dagli spiriti impuri.

Se ha potere sui demoni è perché sottrae alla loro influenza gli uomini e li rimette nella luce di Dio. In questo si rivela il suo potere di guarigione, che porterà alla rivelazione del suo potere di rimettere i peccati, cosa che svelerà definitivamente, in lui, come Dio si sia appressato all’uomo. È la novità che suscita stupore, sbalordimento, esultanza, perché il male è vinto e l’uomo ritorna nella signoria di Dio che vuole gli uomini commensali al suo amore e alla sua gioia. Qui pesca l’invocazione della colletta di testimoniare la beatitudine per chi ha accolto la testimonianza di questo Profeta.

Così, presentare Gesù come profeta, il cui insegnamento è nuovo, diverso rispetto a quello degli scribi, porta allusione al mistero dell’intimità tra lui e il Padre. Gesù introduce poco a poco i suoi ascoltatori a questo segreto, nel quale tutta la Scrittura si riassume. Ascoltare le parole di quel profeta significa intuire e percepire quel segreto di intimità con il Padre che tanto ama il mondo da mandare il suo Figlio, tanto che in ogni parola da lui pronunciata, in ogni azione da lui compiuta, si apre l’accesso anche per noi all’intimità da lui goduta. Dire poi che Gesù ha il potere di guarirci, di scacciare dal nostro cuore i demoni, equivale a illustrare il mistero dell’accondiscendenza di Dio per gli uomini da farli partecipi dei suoi segreti, da condividere con loro la gioia del suo amore sempre e comunque.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Dt 18, 15-20

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.

Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 94/95

Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

È lui il nostro Dio

e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!

«Non indurite il cuore come a Merìba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri:

mi misero alla prova

pur avendo visto le mie opere».

Seconda Lettura  1 Cor 7, 32-35

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!

Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.

Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

 

Vangelo  Mc 1, 21-28

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.

Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.

Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnaménto nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.