Sesto ciclo
Anno liturgico A (2016-2017)
Tempo Ordinario
XXVI Domenica
(1 ottobre 2017)
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Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32
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La parabola che viene proclamata oggi va ascoltata insieme alle altre due, quella dei fittavoli malvagi e quella del banchetto nuziale per il figlio del re, che saranno proclamate nelle prossime due domeniche. Dopo l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme si consuma il rifiuto dei capi della nazione. Gesù aveva scacciato venditori e cambiavalute dal tempio e soprattutto aveva guarito ciechi e zoppi, persone che, secondo l’indicazione del re Davide (cfr. 2Sam 5,8), non potevano accedere al tempio. Come a dire: qui c’è uno più grande di Davide, cosa che i capi intendono bene. Non solo, ma Gesù, dopo aver ammaestrato il popolo nelle sinagoghe delle varie città e villaggi, ora insegna nel tempio, senza alcun ‘permesso’ ufficiale. È chiaro che dimostra una ‘autorità’ assolutamente insolita. Per questo i capi gli si fanno intorno e gli domandano con che autorità si permette di agire in quel modo. Nella perfetta logica rabbinica, condiziona la sua risposta a una domanda che porge loro a proposito di Giovanni Battista: “Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?” (Mt 21,25). Rispondono di non sapere, ma non perché non sanno, soltanto non si vogliono esporre. Proprio l’atteggiamento che Gesù bolla con la sua parabola dei due figli, come a continuare la discussione con loro in vista di un possibile, anche se prevedibilmente impossibile, ravvedimento.
Di per sé la questione è molto semplice: conta di più dire o fare? Tutti sanno che non basta dire a parole, ma occorre convalidare con i fatti. Già in precedenza Gesù aveva detto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Nella parabola però viene sottolineata un’altra cosa, perché la parabola è direttamente applicata a coloro che nel battesimo di Giovanni avevano visto qualcosa di straordinario e non se ne sono curati: “Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”. La cosa straordinaria che avevano visto era la conversione di pubblicani e prostitute in seguito alla predicazione del Battista, cosa che avrebbe dovuto far riflettere e indurre il loro cuore al pentimento per disporsi a cambiare vita. Invece non se ne sono curati; invece hanno continuato a stare alla finestra, non hanno cambiato parere, non sono stati toccati nell’intimo e quindi sono rimasti nell’idea di sempre, chiusi nei loro giudizi. Questo Gesù rimprovera e questo riguarda anche noi.
La liturgia oggi si premura di creare le condizioni perché noi non si stia alla finestra, perché non restiamo chiusi nelle nostre rivendicazioni fasulle e nelle nostre vane attese nei confronti di Dio e della vita. Con la proclamazione del profeta Ezechiele veniamo tolti dall’illusione che ci sia un qualche destino precostituito, che suona come una giustificazione previa dei nostri comportamenti: “Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete” (Ez 18,32). Vivrete: non semplicemente non morirete, ma otterrete una qualità di vita abbondante, una pienezza, una fioritura di umanità, se seguirete le vie di Dio, cosa affatto scontata per il cuore dell’uomo. Tanto che il salmo responsoriale fa supplicare: “Fammi conoscere le tue vie” (Sal 24/25,4). Non si conoscono facilmente, è facile illudersi, è facile voler tirare Dio nella nostra testa piuttosto che aprire la nostra testa a Dio! Il salmo allora ci istruisce: “Chi è l’uomo che teme il Signore? Gli indicherà la via che deve scegliere” (v.12). E più avanti: “Il segreto del Signore è per quanti lo temono e la sua alleanza per farla loro conoscere” (v.14, testo ebraico).
S. Paolo, nella sua lettera ai Filippesi, ci fa fissare lo sguardo su colui che mostra le vie di Dio dicendo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso …” (Fil 2,5-7). E giustifica il riferimento a Gesù in rapporto alla vita fraterna dove si giocano le relazioni e quindi la propria umanità: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Fil 2,3-4). Forse che i capi della nazione che affrontano Gesù hanno mai avuto pensieri del genere in cuor loro? E se non hanno questi pensieri, si può dire che temono il Signore? E se non temono il Signore, come possono conoscere i suoi segreti?
Ecco perché risulta così essenziale l’avvertimento di Gesù: ‘non vi siete nemmeno pentiti’. Cosa significa pentirsi? Il verbo usato, lo stesso che ricorre nell’episodio di Giuda che riporta ai sacerdoti le monete del tradimento, significa ‘ricredersi’, ‘rivedere le cose sotto altra prospettiva’, ‘cambiare giudizio’; si riferisce non tanto alle azioni, ma al senso di quello che sta avvenendo tanto da vedere la vita sotto altra angolatura. Pentirsi significa aprire il cuore al momento di Dio. Per gli ascoltatori di Gesù, pentirsi significava riconoscere che in Giovanni Battista Dio voleva parlare al suo popolo, riconoscere che Giovanni aveva indicato colui che veniva da Dio per riscattare l’uomo dal peccato e portargli la sua salvezza, riconoscere che in lui veniva manifestata la venuta del Regno di Dio.
Dal punto di vista di Dio non ha alcuna importanza che l’uomo riconosca questo partendo da una sua presunta giustizia o da una sua situazione di peccato: l’unica cosa importante è quel riconoscimento, perché da lì scaturiscono i beni di Dio per l’uomo. E la giustizia dell’uomo per Dio non può provenire che da quel pentimento che induce l’uomo ad accogliere prima di tutto la volontà di Dio su di lui, volontà che esprime il desiderio di Dio di stare con gli uomini, indipendentemente da come o dove si trovano. Tutto ciò che si pone al di fuori o contro o a lato di questo pentimento significa dare più importanza all’uomo che a Dio e in definitiva corrisponde a costruirsi un’immagine di Dio che non è veritiera. E se ci si fida di un’immagine di Dio non veritiera si finisce per costruire anche un’umanità che non ha consistenza di verità e perciò fasulla, quando non distorta.
Avviene per i discepoli come per Gesù: se il Figlio, secondo le parole di Paolo ai Filippesi, ‘svuotò se stesso assumendo una condizione di servo’, lo può fare perché gode di un amore. Quello ‘svuotamento’ è la condizione perché l’amore si compia e trascini tutti nello stesso movimento. Ci si può svuotare dei propri peccati come delle proprie sicurezze; ciò che conta è svuotarsi perché quell’amore torni a splendere, perché Dio possa essere adorato come il Salvatore, ricco di misericordia per tutti. Quello che i capi del popolo e i farisei, interlocutori di Gesù, non avevano potuto capire. E lo svuotarsi attira la grazia perché assimila al movimento che Gesù ha vissuto e che Dio vive in se stesso.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Ez 18, 25-28
Dal libro del profeta Ezechiele
Così dice il Signore:
«Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 23
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
Seconda Lettura Fil 2, 1-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
[ Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi.
Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù ]:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Vangelo Mt 21, 28-32
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo».
E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».