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Sesto ciclo

Anno liturgico A (2016-2017)

Tempo di Pasqua

Ascensione del Signore

(28 maggio 2017)

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At 1,1-11;  Sal 46;  Ef 1,17-23;  Mt 28,16-20

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Non ci sono parole più pertinenti ad illustrare il mistero dell’ascensione di Gesù, contemplato oggi dalla liturgia, delle parole di Paolo agli Efesini, ascoltate come rivolte a noi direttamente: “Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore” (Ef 1,17-19).

Se guardiamo al mistero dell’ascensione come rimirando un quadro, vediamo Gesù in alto e immaginiamo, oranti e fiduciosi, di poter partecipare un giorno alla sua gloria. Se guardiamo da dentro la scena, la vista cambia. Dov’è il cielo o che cosa è cielo? Il cielo non è un luogo ma una dimensione e non per nulla quando Gesù dice che va al Padre dice anche che viene a noi. Cielo è il cuore dove Dio è adorato in tutta la sua gloria e la sua gloria è l’amore per gli uomini che in Gesù, morto e risorto, risplende e che il suo Spirito ci partecipa perché possiamo conoscere il Padre nel suo immenso amore per noi. Così, vedere Gesù asceso al cielo significa vedere compiersi l’umanità nella gloria dell’amore, amore che è la vita di Gesù che viene a noi e agisce dal di dentro dei nostri cuori, riempiendo ogni spazio in modo da far risplendere la presenza di Dio.

Dopo l’ascensione lo Spirito verrà inviato proprio per farci vivere la compagnia del Signore Gesù: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, versetto con cui si chiude il vangelo di Matteo e che giustifica la gioia dei discepoli alla sottrazione di Gesù ai loro sguardi. Ciò significa che nella percezione degli apostoli l’ascensione è colta come un dono di presenza, come un’interiorizzazione di rapporto, che non solo non perde nulla della sua realtà con la sottrazione della fisicità di Gesù, ma acquista profondità e intensità insospettate. Anche perché il contesto in cui è vissuta quell’emozione è chiaramente missionario: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”. Se potessi allora riassumere con mie parole la sensazione degli apostoli, direi che si è trattato dell’esperienza di una gioia assolutamente dinamica, capace di allargare i confini del cuore e le energie corrispondenti in maniera illimitata. Resta sottolineata sia una dimensione di azione, in rapporto diretto con la missione alle genti, sia una dimensione di essere, in rapporto all’esperienza della presenza potente di Gesù in loro e con loro. La citazione del passo riportato sopra di Paolo agli Efesini è caratterizzato dall’insistenza sull’idea della ‘potenza’ dell’azione dello Spirito con la sottolineatura dei termini ‘potenza, efficacia, forza, vigore’.

In effetti, le parole di Gesù non esprimono semplicemente che lui resta con noi, ma che resta con noi efficacemente, potentemente. Non semplicemente, come discepoli suoi, ci riferiremo o faremo ricorso a lui nella vita, ma ne godremo la presenza con l’assicurazione che potremo restare nella dinamica del suo amore sempre e comunque, perché prevalga in noi l’amore di Dio per tutti. Con l’ascensione noi intravediamo l’itinerario completo della vita del Figlio di Dio fatto uomo per noi, morto e risorto per noi, dato a noi, in un’intimità di vita con lui, garantita dal fatto che la sua ascensione mostra la nostra umanità che sta nello splendore di Dio. Come è in cielo, così nei cuori: questa è la radice della gioia. Gioia ecclesiale, perché è il tesoro della propria umanità come dell’umanità di tutti, come sottolineano le ultime parole di Gesù agli apostoli. Ed è proprio in questa gioia che sta il superamento più radicale di ogni forma di gelosia, che tanto affligge i rapporti umani.

Il testo evangelico comporta una sottolineatura speciale per la nostra umanità. Per quattro volte si ripete la parola tutto: “ogni potere … tutti i popoli … tutto ciò che vi ho comandato … tutti i giorni”. Viene sottolineata la compiutezza, l’universalità, la totalità del mistero che si compie.

Potremmo comprendere così: il tempo della missione mira a rendere evidenti per i cuori gli effetti del saper riconoscere che a Gesù è stato dato ogni potere. Perché il nostro cuore rivendica così sovente i suoi diritti, giustifica così sovente le sue ire, resta schiacciato dalla vergogna per le sue colpe ed ha così paura di consegnarsi alla promessa di Gesù? Non è scontato per noi arrivare a dire: riconosco, Signore, che ogni momento del mio vivere e ogni punto del mio cuore si può aprire allo splendore della tua presenza; riconosco che non c’è nulla in me che non possa essere liberato dalla paura e dalla vergogna perché tu sei in noi e con noi!

La menzione del monte dove Gesù ascende al cielo richiama l’altro monte, quello della tentazione, da dove si potevano vedere tutti i regni di questo mondo. Ora, il potere che Gesù dichiara di avere è quello che il Padre gli ha concesso, il potere cioè di mostrare in verità il volto di Dio e il potere di soddisfare appieno il cuore dell’uomo. Se non troviamo scontato il potere di Gesù è perché la gloria del mondo affascina comunque. L’unico antidoto al suo fascino è la gioia di una presenza custodita, come Luca annota per i discepoli: “tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24,52). Non possiamo non notare che sarà proprio questa gioia a trasformarsi presto nella potenza dell’annuncio. Senza questa gioia l’annuncio risulterebbe insignificante.

D’altra parte, il monte può alludere anche al monte della trasfigurazione, come ricorda un avorio paleocristiano del IV secolo, dove Gesù è rappresentato mentre sale al Padre su un colle alle cui pendici dormono Pietro, Giacomo e Giovanni. Come a dire: quella gloria appena intravista dagli apostoli al momento della trasfigurazione si compie con la risurrezione-ascensione di Gesù e ce ne viene partecipata la potenza con il dono dello Spirito che farà risplendere nel mondo l’amore del Padre a partire dai discepoli, ormai aperti alla rivelazione e alla compagnia del loro Gesù, Signore, che ha vinto la morte.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  At 1,1-11

Dagli Atti degli Apostoli

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.

Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 46

Ascende il Signore tra canti di gioia.

Popoli tutti, battete le mani!

Acclamate Dio con grida di gioia,

perché terribile è il Signore, l’Altissimo,

grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,

il Signore al suono di tromba.

Cantate inni a Dio, cantate inni,

cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,

cantate inni con arte.

Dio regna sulle genti,

Dio siede sul suo trono santo.

Seconda Lettura  Ef 1, 17-23

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.

Egli la manifestò in Cristo,

quando lo risuscitò dai morti

e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,

al di sopra di ogni Principato e Potenza,

al di sopra di ogni Forza e Dominazione

e di ogni nome che viene nominato

non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro.

Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi

e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:

essa è il corpo di lui,

la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

 

Vangelo  Mt 28, 16-20

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».