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Sesto ciclo

Anno liturgico A (2016-2017)

Tempo di Quaresima

II Domenica

(12 marzo 2017)

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Gn 12,1-4a;  Sal 32;  2 Tm 1,8b-10;  Mt 17,1-9

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La chiesa ha sempre messo in relazione il Tabor (che nel passo evangelico è chiamato semplicemente ‘alto monte’, come per il monte della tentazione e come per la missione finale in Galilea, forse per indicare simbolicamente il monte escatologico dove affluiranno tutte le nazioni della terra) con il Golgota, allorquando Gesù non apparirà trasfigurato, ma sfigurato. In effetti, anche nel racconto evangelico, l’evento della trasfigurazione segue il primo annuncio della passione (cfr. Mt 16,21-28, introdotto con l’espressione solenne ‘da allora’ per indicare la decisione solenne di Gesù di andare a Gerusalemme e svelare ai discepoli il suo destino). Prima di ritrovarci immersi nel dramma della passione e della morte, la liturgia ci ‘consola’ con la visione della trasfigurazione, allo scopo di insegnarci a vedere nel volto martoriato e insanguinato il Volto del Signore della gloria.

Una duplice tensione anima la liturgia: a) proclama l’evento della trasfigurazione di Gesù per esaltarne la tensione alla Pasqua, tensione che Gesù vive in se stesso e nella sollecitudine per i suoi discepoli perché imparino a fidarsi di Dio; b) fa emergere la tensione che lavora il cuore dell’uomo nel suo desiderio di vedere il volto di Dio e saziare la sua nostalgia.

L’antifona di ingresso: “Di te dice il mio cuore: «Cercate il suo volto». Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto” risponde allo stupore estasiato di Pietro: “Signore è bello per noi restare qui”. Il salmo 26 incomincia con “Il Signore è mia luce e mia salvezza”; prosegue con “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore” e finisce con “Mostrami, Signore, la tua via”. È la tensione di una vita.  Quando il salmo proclama: “Non nascondermi il tuo volto”, supplica Dio per due cose precise: perché faccia sentire la sua presenza di accompagnamento e si degni di far vedere il suo volto. Sulla tensione di fondo del cuore, che la colletta del martedì della prima settimana di quaresima così esprime: “Volgi il tuo sguardo, Padre misericordioso, a questa tua famiglia, e fa che superando ogni forma di egoismo risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te”.

Il punto di convergenza delle due tensioni non riguarda però il vedere, ma l’ascoltare. Il racconto della trasfigurazione ha il suo culmine nella voce: “Questi è il mio Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” e nella consegna del silenzio.  Come a sottolineare che, se il racconto è per gli occhi, lo scopo che ne costituisce la ragione è per gli orecchi, con l’evidente conseguenza che soltanto ascoltando si potrà vedere.

Se riferiamo la voce alla circostanza della settimana precedente quando, dopo che Gesù svela il suo destino di passione, Pietro lo prende in disparte rimproverandolo: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai” (Mt 16,22), risuona assai più profondamente nel nostro cuore. L’invito non è semplicemente: ascoltate quello che dice, ma: seguitelo fin sulla croce, perché là sarà manifestato il segreto dell’amore di Dio per gli uomini. Non è un’esortazione per l’uomo recalcitrante; è l’accesso alla verità di Dio, che non rientra nell’orizzonte umano, ma di cui il cuore dell’uomo ha bisogno per rispondere agli aneliti che porta e conoscere finalmente il suo Dio.

Quando nel ‘Padre nostro’ invochiamo: “sia santificato (=glorificato) il tuo nome”, chiediamo appunto questo: Signore, rivelati nella tua verità, rivela il tuo volto al nostro cuore! Se il Signore si rivela al nostro cuore, allora anche le cose si rivelano e solo allora potremo cogliere il loro ‘splendore’, il segno della gloria di Dio diffusa su tutto il creato, perché tutte le cose ci parleranno della gloria di Dio, vale a dire del suo amore per noi.

La tensione del mostrarsi di Dio all’uomo converge verso questo unico punto: conoscere il suo Figlio prediletto, vedere il suo Volto. Ascoltarlo significa percepire che la vita consiste in questo immergersi e ritrovarsi nello splendore del suo Volto; significa vedere se stessi, le cose, il mondo, la storia, da dentro il rapporto, accettato, con questo Figlio prediletto. Ed è per questo rapporto accettato che, per noi come per Pietro e gli apostoli, si rivela al nostro cuore quanto è bella la visione, quanto è drammatico il rinnegamento, quanto penetrante lo sguardo del Signore misericordioso su di noi, quanto persuasive le sue parole, quanto tenere le intimità godute, quanto angosciante la lontananza, quanto forte e costringente il suo amore.

L’esempio di Abramo è eloquente. Sente la voce di Dio: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre”. L’espressione singolarissima, nel testo ebraico, è ‘lek leka’, che traduciamo con ‘vattene’, ma che andrebbe resa, secondo la vocalizzazione tradizionale: ‘vai a te’, ‘vai verso te stesso’, ‘vai per te stesso’. Contemporaneamente un esodo e un ritorno. Un esodo da qualcosa che impedisce la scoperta del senso pieno del vivere e un ritorno a ciò che ci costituisce nell’intimo per vivere in gratuità e servizio la nostra vocazione all’umanità. Abramo non conosce nulla del nuovo paese: sa solo che Dio gliene fa promessa. Sarà il suo ascoltare che gli consentirà di vedere la benedizione realizzarsi. Proprio perché accetta la relazione con colui che lo coinvolgeva nella sua storia sacra fino a diventare il suo Dio, lascia la sua casa (se scegli il Padre celeste, devi lasciare quello terreno; se scegli il regno di Dio, devi lasciare ogni altro regno; se ti accetti da Dio, di Dio e secondo Dio devi vivere, come dirà Cipriano nel suo commento al Padre nostro) e per questo, oltre a godere della benedizione di Dio, diventa benedizione lui stesso per tutti perché rivela la grandezza dell’amore di Dio e lo splendore che si irradia su tutto.

Così, se Abramo ascolta Dio, Gesù ascolta il Padre, i discepoli ascoltano Gesù e il frutto della benedizione promessa rivelerà il suo splendore. Per gli uomini, quello splendore consisterà nel condividere, nella loro umanità, lo sguardo di compiacenza del Padre, che riposa tutto sul suo Figlio benedetto, fatto uomo. L’ascolto condurrà così alla visione di colui che, mentre ci squaderna il segreto di Dio per l’uomo, fa rilucere il mondo dello splendore della sua bellezza.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Gn 12, 1-4a

Dal libro della Gènesi

In quei giorni, il Signore disse ad Abram:

«Vàttene dalla tua terra,

dalla tua parentela

e dalla casa di tuo padre,

verso la terra che io ti indicherò.

Farò di te una grande nazione

e ti benedirò,

renderò grande il tuo nome

e possa tu essere una benedizione.

Benedirò coloro che ti benediranno

e coloro che ti malediranno maledirò,

e in te si diranno benedette

tutte le famiglie della terra».

Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 32

Donaci, Signore, la tua grazia: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.

Egli ama la giustizia e il diritto;

dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:

egli è nostro aiuto e nostro scudo.

Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo.

Seconda Lettura  2 Tm 1, 8b-10

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.

 

Vangelo  Mt 17, 1-9

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».