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Quinto ciclo

Anno liturgico C (2015-2016)

Tempo Ordinario

XII  Domenica

(19 giugno 2016)

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Zc 12,10-11; 13,1;  Sal 62;  Gal 3,26-29;  Lc 9,18-24

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Il mistero della persona di Gesù non viene mai meno. Gesù ne è consapevole. Nonostante tutte le spiegazioni, quel mistero permane nel suo fascino e nella sua insondabilità, come per gli apostoli, così anche per noi. Il brano evangelico di oggi, che riporta il primo annuncio della passione, segue il racconto della moltiplicazione dei pani. Gesù sta andando a Gerusalemme e, unico fra i sinottici, Luca annota che la rivelazione, che Gesù sta per fare, avviene dopo la sua preghiera: “…mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui…”. Come a sottolineare: è da dentro la preghiera che scaturiscono domanda e risposta, perché le domande e le risposte vere non sono curiosità intellettuali ma riguardano la verità di cui ha bisogno il cuore per vivere e solo nella preghiera il cuore può lambire quella verità. Per Gesù, le domande nascono dalla volontà di fedeltà al Padre e nascono nella preghiera perché qui si esprime tutto il contenuto di intimità che quella volontà di fedeltà comporta.

Le folle, chi dicono che io sia?”; “Ma voi, chi dite che io sia?”. La gente pensa che lui sia stato mandato a preparare la via al Messia (Erode pensava che Gesù fosse il Battista redivivo, i discepoli pensavano che fosse l’Elia che doveva venire o uno dei profeti, come Geremia, il modello profetico più consono alla figura di Gesù), mentre Pietro confessa invece che proprio lui è il Messia che si aspettavano. E Gesù prende così sul serio la risposta di Pietro che svela apertamente il suo futuro di passione, che la liturgia preannuncia con il brano di Zaccaria: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto” (Zc 12,10).

Nel racconto parallelo di Matteo, Pietro rifiuta questa rivelazione e viene aspramente rimproverato da Gesù: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mt 16,23).  Pietro ha voluto mettersi davanti a Gesù, ma Dio, secondo la testimonianza di Es 33,20-23, si può vedere solo di spalle. Il che significa: solo accettando di camminare per dove Dio indica lo si potrà vedere in verità. E ancora: solo disponendoci a praticare la sua parola si può scoprire la verità della promessa di vita che la sua parola comporta. Solo stando dietro il Maestro si potrà scoprire il Volto di Dio in verità nel suo amore per gli uomini. E quando Gesù, subito dopo, invita i discepoli a rinnegare se stessi, prendere la croce e seguirlo, non fa che estendere a tutti il rimprovero rivolto a Pietro.

Potremmo intendere le cose così. Pietro, nel rimproverare Gesù, aveva probabilmente temuto per sé. Se Gesù, il Messia, avesse dovuto subire tutti quei tormenti, certamente sarebbe svanito il prestigio dell’essere compagno del Messia. E allora che ne sarebbe stato di lui? Ma se Pietro pensava così, allora voleva dire che il suo seguire Gesù aveva ancora a che fare con una prospettiva mondana. Ma con una prospettiva mondana si alimenta un’idea di Dio che non corrisponde alla rivelazione di Dio e così i discepoli sono invitati ad abbandonare ogni prospettiva mondana per aprirsi alla rivelazione del vero Volto di Dio e gustare i suoi segreti. La rinuncia a ogni prospettiva mondana è la condizione per accogliere il mistero di Gesù che sulla croce rivela lo splendore dell’amore, motivo di ogni rinuncia a qualsiasi cosa che non sia collegabile o derivante da quell’amore. D’altronde qui risiede tutta la dignità della vita. Il portare la croce non si riferisce primariamente alla fatica del vivere, ma alla condizione perché la fatica del vivere risulti fruttuosa: la rinuncia ad ogni prospettiva mondana ci apre alla rivelazione dell’amore di Dio nella nostra vita, amore che possiamo cogliere in tutto il suo splendore proprio nella croce di Gesù. Seguire Gesù significa essere partecipi di questa rivelazione fino a viverla nel concreto della propria vita per dare spazio alla stessa dinamica di amore.

Non per nulla Gesù, annunciando la sua passione, si esprime con un ‘deve’: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9,22). Quel ‘deve’ non esprime una necessità di destino, ma va collegato al fatto che tali eventi esprimono la rivelazione dell’amore di Dio all’uomo in Gesù. Quel ‘deve’ comprende: dall’alto, per la potenza dello Spirito; da dentro, a partire da un’intimità di obbedienza filiale totalmente dedita al servizio della manifestazione dell’amore per gli uomini; nel profondo, coinvolgendo tutta la sua umanità a testimone dell’amore sconfinato di Dio per i suoi figli. Così il rinnegare si riferisce a tutto ciò che contrasta o nasconde o impedisce di partecipare nel concreto della propria vita a quell’amore, manifestato in Gesù.

Un esempio dell’immensità di orizzonte che comporta la verità di Dio sull’uomo ci è riportato dal brano della lettera ai Galati: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Quale sfida per l’uomo! Le differenze che non pregiudicano più la comunione! Vivere in pari dignità con tutti, sempre, comunque. Paolo elenca le tre grandi divisioni registrabili: differenze nel rapporto con Dio (ebrei e pagani), differenze nei rapporti sociali (servi e padroni), differenze nella natura (maschio e femmina). Quella verità fa parte dei segreti di Dio svelati all’uomo da Gesù. Nell’accogliere quei segreti sperimentiamo l’intensità e la profondità di quell’amicizia con l’uomo che Gesù ci ha offerto da parte di Dio. Tra il desiderio del cuore e l’accoglimento del mistero di Gesù si pone con tutto il suo peso la sfida di Dio che spesso si presenta debole, disprezzato, capace di mettersi nelle mani degli uomini per essere vilipeso e condannato. I comandamenti del Signore, rispetto alla sapienza del mondo che pervade la nostra carne, non hanno spesso quella stessa risonanza, quella per la quale non ci sentiamo attirati, ma come impauriti, respinti?

I discepoli accettano con gioia Gesù, anche se ancora con dubbi, ma faticheranno molto ad accettare la sua passione e morte. Accettare la realtà di Dio non è così agevole per l’uomo, perché l’uomo non ha mai abbandonato la ‘pretesa di bene’ dimenticando che il bene è tale solo se rivela Dio. Così il mistero di Gesù si riflette nel mistero della vita del discepolo di Gesù. Ma se il discepolo, oltre allo slancio del cuore, avrà la pazienza di misurare le sue ‘idee’ fino ad accantonarle pur di accogliere la verità che viene da Gesù, a dispetto di ogni altra aspettativa, allora incomincerà a godere di quella ‘amicizia’ che lo mette a parte dei segreti di Dio. E una volta che si sente custodito in quella offerta di amicizia, non basterà il mondo intero a dissuaderlo, pur sapendo che sarà proprio la ‘debolezza’ di Dio a custodirlo e non la sua forza.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Zc 12, 10-11; 13.1

Dal libro del profeta Zaccarìa

Così dice il Signore:

«Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito.

In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo.

In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 62

Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

O Dio, tu sei il mio Dio,

dall’aurora io ti cerco,

ha sete di te l’anima mia,

desidera te la mia carne

in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,

guardando la tua potenza e la tua gloria.

Poiché il tuo amore vale più della vita,

le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:

nel tuo nome alzerò le mie mani.

Come saziato dai cibi migliori,

con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,

esulto di gioia all’ombra delle tue ali.

A te si stringe l’anima mia:

la tua destra mi sostiene.

Seconda Lettura  Gal 3, 26-29

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, tutti voi siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.

Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.

Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.

 

Vangelo  Lc 9, 18-24

Dal vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».

Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».

Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».