Quinto ciclo
Anno liturgico C (2015-2016)
Tempo di Avvento
III Domenica
(13 dicembre 2015)
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Sof 3,14-18a; Is 12,2-6; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18
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“Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele; esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico”; “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!”. Così la liturgia, oggi, accoglie i fedeli: li chiama alla gioia, insistentemente. Per quale ragione?
Quando il Battista riconosce in Gesù l’Inviato di Dio lo riconosce come riflesso della gioia che quell’incontro gli procura. Fin dal grembo materno Giovanni ha esultato di gioia alla presenza di Gesù. Da adulto, ormai al termine del suo cammino, di sé dice: “Ma l’amico dello sposo, che è presente e lo ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo” (Gv 3,29). Così, quando Luca vuol descrivere la premura di Dio per gli uomini, non ha di meglio che narrare la parabola del figlio ritrovato, della pecorella e della dramma ritrovate (Lc 15) dove la rivelazione del cuore di Dio si fa evidente proprio attraverso la sua gioia per noi. Ciò vuol dire ancora che la nostra gioia non può derivare dalla nostra innocenza, perché davanti a Dio suonerebbe solo come una pretesa di giustizia.
La liturgia mostra il motivo della gioia nella proclamazione che il Signore è in mezzo a noi come un salvatore potente, dove potente significa ‘capace di dare letizia’ e salvatore ‘pieno della sua gioia per noi’, come proclama il profeta Sofonia, capaci finalmente di condividerla. Giovanni chiama Gesù ‘colui che è più forte di me’ e mette in relazione quella forza allo Spirito Santo nel quale Gesù battezzerà. Come riporterà Luca più avanti (11,22), definire Gesù ‘il più forte’ significa riconoscergli la dignità di Messia. E la forza del Messia sta nel fatto che fa vedere Dio presente, che fa vedere il Regno che si compie, ciò che esattamente fa Gesù.
Insieme allo Spirito Santo viene nominato il fuoco. È l’altra faccia della medaglia: condividere la gioia di Dio per l’uomo comporta evidentemente il bruciare tutto quello che a quella gioia si oppone o che quella gioia contraddice. E poi scopriamo che ciò che contraddice la gioia di Dio è la chiusura nei confronti dell’umanità. Nell’indicare le varie opere come segno dell’incipiente conversione, Giovanni Battista si muove nella prospettiva di una dinamica di solidarietà con gli uomini. Essere solidali in umanità significa ricreare quell’ambiente umano che fa concludere a s. Benedetto la sua famosa Regola con queste parole che si applicano alla vita comune di tutti i credenti in Cristo: “… c’è anche uno zelo buono, che allontana dai vizi e avvicina a Dio e all’eterna vita. Questo è lo zelo che i monaci devono coltivare con il più ardente amore. Essi dunque, si prevengano nello stimarsi a vicenda (Rom 12,10); sopportino con instancabile pazienza le loro infermità fisiche e morali; facciano a gara nell’obbedirsi a vicenda; nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma quello degli altri; amino con cuore casto tutti i fratelli; temano Dio con trasporto d’amore; vogliano bene al loro abate dimostrandogli una carità umile e sincera; nulla assolutamente antepongano al Cristo; ed egli ci conduca tutti insieme alla vita eterna”.
Proprio come la colletta, declinando con lucidità i temi tipici della liturgia di oggi, l’invito alla gioia e all’agire secondo Dio, fa pregare: “O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore”. La chiesa fa pregare perché corriamo, non solo camminiamo sulla via dei comandamenti. Si corre perché la letizia ci mette le ali, come dice anche il salmo: “corro sulla via dei tuoi comandamenti perché hai dilatato il mio cuore” (Sal 118,32), che il prologo della Regola di s. Benedetto parafrasa: “… avanzando nel cammino di conversione e di fede, si corre con cuore dilatato e con ineffabile dolcezza di amore sulla via dei divini comandamenti”.
Il brano del vangelo odierno termina con l’annotazione: “Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo”. Evangelizzare comporta l’aprire il cuore alla gioia di una presenza, sempre per la ragione che Paolo dice ai Filippesi: “Il Signore è vicino”. È una gioia che si tradurrà in un tratto di dolcezza verso tutti e tutto, tanto da gustare una pace che sovrasta ogni afflizione e ogni contrasto. Il Battista esorta a fare frutti degni della conversione e i frutti degni della conversione sono quelli accompagnati dalla gioia di una Presenza amica. Ogni bene non custodito dalla gioia risulta troppo precario. La conversione non vuol semplicemente dire tornare a fare azioni buone a differenza di prima che si facevano azioni cattive; comporta l’accedere al fuoco del cuore che dà ragione di quel fare ‘diverso’, che dà senso all’impegno del bene e che abilita a godere il dono di Dio, del suo essere con noi, in mezzo a noi.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Sof 3,14-18a
Dal libro del profeta Sofonìa
Rallegrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!
Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico.
Re d’Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.
In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.
Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia».
Salmo Responsoriale Is 12,2-6
Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.
Seconda Lettura Fil 4,4-7
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!
Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.
Vangelo Lc 3,10-18
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.